“Anna, puoi farcela anche da sola.” La nostra conquista più grande

E’ mercoledì ma mi sembra venerdì, mi sento molto stanco, l’allergia mi devasta e non vedo l’ora di mettermi in doccia. 

Sono le 16,48 e finalmente la giornata sta finendo.

I ragazzi escono per tornare a casa, alla spicciolata, qualcuno va a casa da solo, altri hanno i nonni, fratelli o genitori che li attendono fuori dal centro diurno

 

 

Ad un tratto Ivan mi viene a chiamare:

Andrea Anna ti vuole”,

Io: “Ok, dov’è Anna?

Ivan: “Non lo so è con la bici

Sento la voce di Anna fuori dal centro: “Andre vieni!!”

Io: “Dimmi Anna” guardandomi dritto negli occhi  “Andrea Guarda!

Io: “Cosa Anna?

Anna guardandomi sempre fisso negli occhi: “La bici!!”

Molto bella Anna, vai ora però che è tardi!” le rispondo

Eh non noti nulla di strano… ho la ruota sgonfia

Guardo più attentamente la bici, strabuzzo gli occhi e ribatto: 

Come sgonfia? Più che sgonfia è totalmente a terra Anna

“Eh ora che faccio?” mi chiede

Proviamo a gonfiarla e vediamo che fare, vai da Suor Ferdi a chiedere un gonfiatore che proviamo” gli rispondo. 

Ok vado mi risponde

Dopo 5 minuti torna con il gonfiatore,

Anna: “come si usa?

“Si fa così”

Con le ultime energie mi metto a gonfiare la gomma della bici, ma non si gonfia.

Guardo Anna sconsolato e le dico, niente da fare hai la gomma bucata, riporta il gonfiatore e ringrazia. 

Ormai è ora di chiusura, sono le 17,00.

Cosa possiamo fare? Cosa posso fare per te? Penso mi vengono in mente tre opzioni:

  • Nulla. Anna avvisa la mamma che viene a prenderti
  • Andiamo insieme dal ciclista a riparare la gomma.
  • Ti aiuto a imparare come risolvere un problema.

 

“Anna bisogna andare in una ciclo officina, un negozio che ripara bici, ne conosci qualcuno?”

“Sì! Ne conosco uno, un amico dei miei genitori, ma non so se è aperto, so solo come si chiama”

Ok, allora lo cerchiamo sul cellulare insieme gli rispondo. “Tiralo fuori”

Eccolo è questo qui, dice che è aperto fino alle 19, perfetto!

La guardo, penso e mordendomi le labbra le dico: “Secondo me ce la puoi fare ad andare da sola!”

Dire quest’ultima frase è stato difficilissimo , nella mia testa avevo già pensato a mille possibilità per non farla andare da sola: cercare un collega che potesse accompagnarla in auto, accompagnarla io stesso, chiamare un genitore ecc..

Ma sarebbe stato utile per lei?

 

 

Cosa poteva imparare Anna da questa storia?

Anna è un ragazza con disabilità lieve,  si ha sempre paura a metterla in situazioni in cui si debba confrontare da sola con il mondo. Quando si lavora con la disabilità viene automatico proteggere non esporre la persona a quelli che sono i rischi del mondo, tendiamo sempre a sostituirci per paura di quello che potrebbe succedere.

Una città come Milano, che negli ultimi anni è diventata una metropoli gigantesca non aiuta affatto, anzi fa ancora più paura. E questa paura mi fermava, mi paralizzava non rendendomi capace di di dire e fare la cosa più difficile ma anche quella più semplice ed importante: dire ad Anna di andare da sola dal ciclista.

Quando è andata via e ci siamo salutati sono rimasto qualche minuto a interrogarmi, sono solo le situazioni scomode e difficili quelli che in cui si impara di più. E poi in fondo cos’è l’autonomia?

Penso che per ognuno di noi l’autonomia ha un significato diverso a seconda della nostra età, delle nostre capacità, del nostro lavoro.

E come facciamo noi a lavorare per l’autonomia dei ragazzi?

Sicuramente è importante lavorare con loro sulle loro capacità ma non è sufficiente, lavorare sull’autonomia vuol dire anche lavorare sull’ambiente che vivono i nostri ragazzi, quindi i nostri quartieri.

Dobbiamo lavorare per rendere i nostri quartieri più liberi ed accessibili possibile, lavorare per  dare sfogo, senso e voce a tutta l’umanità, la creatività, le risorse che sono presenti nelle nostre comunità.

Autonomia quindi non solo come qualità delle persone ma anche degli ambienti.

Ho ripensato al saluto di Anna, non era un saluto preoccupato, ma un saluto grato, un saluto quasi contento, un saluto di chi si sente un po’ più grande perché ha in mano il compito di risolvere un problema, un problema che la riguarda e che so che è in grado di affrontare.

Sono tornato a casa contento, contento di aver percepito la cura, l’emozione di chi sente di volerti aiutare e di non lasciarti allo sbaraglio, contento di averti dato fiducia e aver pensato e riconosciuto che TU, Anna, puoi farcela.

 

 

 

Andrea Educatore Professionale di Ricreattivamente